MongArte
Mongo è il termine gergale per indicare “materiale di scarto recuperato”. Da qui il nome/logo ideato per questa prima edizione di un progetto artistico pluriennale che si pone come ganglio centrale dal quale si articoleranno numerose altre iniziative interdisciplinari. L’obiettivo primario del progetto è quello di proporre il connubio “Arte & Riciclaggio”, valorizzandolo, come indagine sugli originali modi di fare arte oggi in un territorio che è sede della Sogliano Ambiente. MongArte è quindi testimonianza di alcuni percorsi visivi in cui il riciclo diventa Arte. Anche il termine Waste, come Mongo, richiama ed esplicita il termine “rifiuto/scarto”, quel qualcosa insomma che viene escluso e messo ai margini, rifiutato. Una metafora atemporale che trasforma l’identità e la forma, per rappresentare il processo di rivelazione della sostanza della bellezza, sospesa fra nascita e morte, per una possibile esperienza dell’essere. Così oggi, con WasteMusic, intendiamo “raccogliere” e proporre gli eventi che appartengono alle metamorfosi del linguaggio musicale. Il rifiuto, in fondo, è una “vendetta fantastica delle cose”, un’“anima scarnita”. Significato puro, “redenzione degli oggetti”: è la bellezza che si affranca dal dominio degli uomini, mentre le discariche non sono altro che isole per l’esilio della Verità, come poeticamente ha scritto Guido Biasi. Nel XX secolo, dal Ready made al Dada, sono molti gli artisti che hanno assemblato rifiuti “ad arte”, nobilitandoli e sollecitando così una riflessione sul nostro mondo transitorio, effimero, impermanente e sull’ossimoro che “nulla perdura se non il mutamento”. Il riuso dei materiali di scarto, dove il “rifiuto” diventa protagonista, nella produzione artistica, è divenuta immagine icastica e ha fatto storia: da Duchamp a Schwitters, da Picasso a Moreni, da Manzoni a Tinguely, da Beuys a Arman, da Calder a Smith, da Man Ray ad Arp, da Baj a Pistoletto, da Rauschemberg a Burri, da Cèsar a Kiefer, solo per citarne alcuni. E pensiamo ancora a Spoerri, Pascali, Colla e al medico Gunther von Hagens giunto alla ribalta della cronaca grazie ai suoi discutibili “resti umani”. Tutti “paladini del Trash”, potremmo definirli, o autori che idealmente hanno segnato i prodromi della MongArte e della WasteArt celebrando la bellezza nascosta del rifiuto e dello scarto, anche se qualcuno potrebbe obiettare, attraverso l’assassinio dell’estetica di un’arte del passato. Lucidità ed estro, comunque, sempre declinati negli infiniti linguaggi dell’espressione artistica.
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