Massimo Ghiotti è nato il 19 maggio 1938 a Torino, città dove vive e lavora.
Cessati gli studi di Economia e Commercio, realizza il suo antico desiderio di compiere gli studi artistici all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove consegue prima il diploma di Pittura con Francesco Menzio, Mario Calandri e Piero Martina e successivamente quello di Scultura con Sandro Cherchi e Albino Galvano. Artista rigoroso, appartato, eclettico, dai molteplici interessi.
Nel 1973 inizia l’insegnamento di Figura e Ornato modellato al 1° Liceo Artistico Statale di Torino.
Su sollecitazione di Sandro Cherchi inizia ad esporre le sue prime sculture nel 1972 alla Galleria La Minima di Torino (Albino Galvano lo presenta come “artista di razza”) e partecipa ad otto concorsi di scultura, vincendone sette. Dopo un primo periodo di adesione al figurativo e alla ritrattistica, il suo forte senso plastico e «... un lavoro di aspra
e tesa plasticità» (Sandra Orienti, “Il Popolo”, Roma 1975) lo portano ad un’interpretazione espressionistica del modellato. «Ghiotti supera d’istinto le difficoltà implicite in un temperamento solidamente plastico... » (Luigi Carluccio, “Gazzetta del Popolo”, Torino 1974). «Ghiotti non ha paura delle strade maestre: il suo tema preferito
è la figura umana, il suo linguaggio incisivo tenta di combinare, con effetti spesso efficaci, Rodin col cubismo e l’espressionismo» (Lorenza Trucchi, “Momento sera”, Roma 1975).
Nel 1976 espone per la prima volta all’estero le sue opere.
Nel 1981, in una personale alla Galleria Borgogna di Milano, presenta le sue nuove sculture
in bronzo dalla geometrica forma esterna e dalla estrema dialettica interna, data anche dalla contrapposizione del positivo e del negativo delle due facce che, attraversate, consentono di “vivere”
la scultura dall’interno.
« Ghiotti ha aggredito la scultura dall’interno; non ha più scolpito le sue figure sulla superficie, come tradizionalmente è sempre avvenuto, ha continuato il suo lavoro nello strato più interno e più segreto della materia» (Janus, 1982).
Per questa sua attività viene segnalato da Renzo Guasco nel sesto catalogo Mondadori della Scultura.
Prosegue intanto «... il ricco sperimentalismo concettuale e materico» (Marco Rosci).
Realizza per committenze pubbliche e private opere in acciaio inossidabile tagliato, saldato, inciso al plasma, quali il Monumento ai Caduti sul lavoro per il Comune di Forno Canavese e l’opera Cosmogonia per il Comune di Piscina.
Nel 1983 Franz Paludetto espone i “suoi marmi colorati”, con una monografia di Roberto Lambarelli, per il quale: «... Nella serie di lavori qui presentati il colore si aggiunge come una componente conturbante. La ricerca continua tra materia scultorea e materia pittorica arricchisce la sua poetica posta al limite tra tecnica e cultura.
I segni convenzionali della tradizione sono rielaborati alla luce di una sapienza che della storia particolare dell’arte fa il proprio oggetto».
Per questi suoi lavori viene segnalato da Janus nella nona edizione del catalogo Mondadori della Scultura.
A Torino è rappresentato dalla Galleria L’Approdo di Arturo Bottello, con il quale nel mese di luglio
del 1981 si reca a Ca’ Giustinian a Venezia su invito di Luigi Carluccio, a quel tempo direttore della Biennale.
Nel 1986 ritorna a Torino dove, alla Galleria Studio-Laboratorio, espone i suoi Pensieri su carta, « ... sculture-pitture liberate verso una emozionalità cromatica e luminosa che scioglie la drammaticità del gesto espressionistico senza tradirne la profonda intenzionalità che fa trovare a Ghiotti una spazialità nuova, allusiva e concreta insieme» (Paride Chiapatti, “L’Unità”, 1986).
Nel 1994, a seguito di un concorso nazionale, gli viene assegnata
dal Ministero della Pubblica Istruzione la Cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti.
Passano dieci anni prima che Ghiotti ritorni ad esporre nella sua città natale. Lo fa in occasione della pubblicazione, per i tipi della Umberto Allemandi, della monografia a cura di Pierre Restany (che lo saluta come “asceta meccanico” e creatore di un “umanesimo del metallo”), sui suoi poderosi lavori recenti, accolti con grande interesse dalla critica, da Federico Zeri ad Harald Szeemann.
Aleksandr Borovskij, direttore del Dipartimento Nuove Tendenze del Museo di Stato Russo di
San Pietroburgo, scrive: «Quando penso alle opere di Ghiotti vedo “l’Ordine”... gli schieramenti ferrei dei suoi oggetti stanno ritti come le rovine dei colonnati arcaici... come una colonna fa venire in mente tutta la morfologia della cultura antica, così le opere di Ghiotti creano un’immagine completa della civiltà meccanizzata».
Per Marco Rosci (in Umanità e virtualità della macchine di Ghiotti): «La logica tensoriale, la repressa forza titanica di questi monumenti macchinistici esibiti come tali, senza complessi, senza ambiguità di understatement, appartengono all’ordine classico.
Le loro simmetriche incastellature di putrelle, rinserranti le geometrie di pistoni e di catene, di molloni e di balestre, riportano la finestra spaziale di Brunelleschi e dell’Alberti nell’immaginario macchinistico del nostro tempo. Le spirali di molloni, le viti senza fine serrate da titanici bulloni, ogni componente della nuova metamorfosi conservata ed esaltata nella sua forma e funzione, solo sospesa nell’azione senza tempo di un’azione virtuale, evocano l’immagine dei disegni di Leonardo “meccanico”».
Aggiunge Barbara Thiemann, direttore scientifico della Fondazione Peter ed Irene Ludwig di Colonia: « ... sotto questo aspetto l’arte di Ghiotti è in egual misura classica e contemporanea, e qui la sua seduzione particolare va cercata nella capacità di collegare elementi fabbricati industrialmente in composizioni classicamente armoniose.
Nei montaggi non si ha solo la scoperta dell’oggetto oppure una rivalutazione della sua nuda oggettività e della relativa estetica, ma piuttosto la creazione di una nuova estetica. Le sue opere sono purismo fattosi forma... Ghiotti punta all’“Eternità” che potrebbe benissimo essere il tema di una sua futura opera».


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