ANDREA GUASTAVINO (Genova, 1970) Al di fuori della mera raffigurazione rea listica, osserviamo l’autoritratto di Andrea Guastavino: l’artista sembra attuare un’inda gine introspettiva che è identificazione ironica di stampo mistico religioso. L’immagine ricor da un San Sebastiano al quale, poi, l’artista applica un paio di corna rosso corallo, sim bolo di strati fica zioni del tempo della crescita, come lui stesso asserisce. È questo un sug - gerimento e una chiave di lettura per leggere le sue opere, avendo “fiuto” selvatico e pri mor diale, da animale… per entrare nel cuore delle cose. Non a caso il ritratto con le corna rosse di fatto era parte di un dittico frontale, posto davanti all’opera A.MA.MI., figura femminile ritratta con le viscere “al cielo”, ripresa da una scultura in cera, conservata al Museo della Specola di Firenze. Le sue opere si distinguono per “leg gerezza in togliere”: sono in “levare”, musicalmente par lando. Si attua, para dossalmente, una pre cisione di na - mica, irreversibile, memo ra bi le che racconta di sprofondamento senso riale. Egli è artista puro, evocativo che naviga sem pre per “affinità elet tive”. Nelle sue opere c’è l’essenza dello spirito. Il suo lavoro è tut t’u no con la sua persona. La sua creatività è come un dispiegamento rituale ori - ginario che impone silenzio e rifles sione. Paul Valery parlava di poesia intesa come tensione verso l’esattezza. L’ombra e la luce trovano, qui, spazi privi legiati. So no evocazioni che alte rano e modificano i sistemi codificati dei “va lo ri” per nuovi approdi spiaz zan ti. La “mi mesi” è processo di alte rità. L’“enigma” è fuo co irra diante del mezzo fotografico come prin cipio di realtà che diviene elemento fluido nel suo doppio, nell’Identità e nell’Al terità. Guastavino attua una mani polazione del reale per creare nuo ve riorganizzazioni imma gi native, che si fanno esperienza trasformativa. Perché nell’incanto dell’arte le im magini si trasformano sempre e co - munque. Così l’im magine catturata rin via a nuove tra smu ta zioni inter pre tative. E tutto diventa ele - mento stra tificato e reiterato di un linguaggio che amplifica a non finire lo spettro della cono scenza. Così il suo sguardo si trasmuta nel nostro e assume il ruolo di strumento di connessione tra la bellezza del creato di cui parla Pier Paolo Pasolini, in Che cosa sono le nuvole, del 1967 (da “Capriccio all’ita liana”), e l’incapacità dell’uomo di “guardare” il mon do, con sguardo profondo. Guastavino è stato sempre lontano dal meccanismo banale di mera raffigurazione “realistica”. La sua sen si bilità poetica è di raffinata purezza e pos siede quella “leg gerezza densa” di forte so stanza filosofica poe tante. Egli blocca i suoi sogni a occhi aperti attra verso inqua drature sospe se e mixate rendendo visibile l’in visi bi lità nascosta dell’essenza delle cose. Così le sue opere solle citano e si insinuano in quella sfe ra interiore del fruitore che porta al mera vi glioso a bis so dell’immagi na zione. [M.Z.] |