MASSIMO PULINI
(Cesena, 1958)
La materia calda e “molle” dei dipinti di Massimo Pulini evoca una forte sensualità. L’elaborazione di pulsioni culturali diver sificate hanno condotto l’artista ad incarnare una corrispondenza polisemica altamente sinestetica. Il colore messo in relazione al calore, quasi fosse una “termografia” latente, diventa raffinato modello culturale di iden tificazione e condensazione concettuale. L’ar tista opera uno spostamento di asse semantico in funzione di una esigenza psichica ancor prima che estetica. Le manipolazioni croma - tiche giocate d’azzardo - vere e proprie altera zioni visive - sono, in fondo, ascrivibili e assi milabili ad interventi di antropologia visiva. Sembrano immagini sospese tra ritratto erotico e ritratto funebre “pulsante”. Vi è in esse, sublimata, l’immagine di una decadenza che oscilla tra Eros e Thanatos, tipica di fine secolo. Così le identificazioni proiettive si condensano in precise corrispondenze figura tive. Risultano estremamente interessanti, a livello percettivo, i diversi livelli di lettura che l’opera offre, a seconda della distanza del fruitore. Da un magma cromatico quasi a - stratto, allontanandosi dall’opera, si giunge ad una perfetta definizione e lettura del ri trat to rappresentato. Segno distintivo della pit tu ra di Pulini e della sua capacità quasi “alchemica” nel saper governare il mezzo pit torico, nella sua “liquidità”. Una delle opere esposte è stata eseguita applicando il metodo dell’Anamorfosi. Questa tecnica, molto usata nel periodo del Rina sci mento, opera un diversivo prospettico attra verso la “dissimulazione”, cioè “defor mando” la figura rappresentata. La forma reale originaria poteva essere riconosciuta soltanto osservando l’oggetto, o la figura tra sfi gurata, secondo una particolare pro spettiva (di solito laterale al dipinto) o attra - verso uno specchio deformante. Relativamente alle “anamorfosi” ha scritto Piergiorgio Odifreddi: «Leonardo da Vinci sembra essere stato il primo ad introdurre, attorno al 1500, le anamorfosi, cioè le rap presentazioni che appaiono corrette soltanto se osservate da un punto di vista particolare (necessarie ad esempio per dipingere scene su cupole, in modo che esse non risultino deformate se guardate dal basso). L’esempio più noto di questa tecnica è il quadro I due ambasciatori di Holbein, del 1533, in cui una macchia apparentemente amorfa appare come un teschio se osservata da un lato del dipinto. L’anamorfosi ispirò a Desargues nel 1639 la geometria proiettiva, che è appunto lo studio delle proprietà che sono non variano rispetto a proiezione, e che si sviluppò in una delle branche fondamentali della mate matica». Massimo Pulini è artista e, al contempo, storico dell’arte. Le due sfere d’interesse si in trecciano in lui in modo misterioso e continuo senza che vi siano confusioni o sconfinamenti. La passione fa sì che egli abbia strutturato la ricerca nel campo dell’im magine a tutto tondo e senza infingimenti. Proprio questa sua ulteriore riflessione e questo lavoro sull’immagine del corpo, sem pre originale e perturbante, gli è valsa l’invito recente dell’Istituto di Cultura Italiano di Londra. [M.Z.] |