Fabrizio Clerici
di Alberto Moravia (1955)

Il surrealismo è legato al sogno, sia esso di specie sessuale freudiana o culturale archetipica junghiana. Affiorano e prendono forma nelle tele dei pittori surrealisti gli istinti e le inclinazioni più segrete della psiche individuale come i ricordi prenatali e atavici della civiltà. Questo avviene anche nella pittura normalmente figurativa; soltanto il surrealismo non si cura di introdurre le sue rivelazioni in personaggi e avvenimenti riconoscibili della realtà oggettiva. Esso è puro soggettivismo, sia pure di specie allegorica e analogica.
In Fabrizio Clerici, l'automatismo e l'inconsapevolezza propria alla poetica del surrealismo hanno parte dominante.
Giace in fondo alla memoria più oscura di Clerici, sotto più strati di oblio atavico e civile, la visione barocca di civiltà perdute o decadute o morte. Clerici, in certo modo, è l'archeologo di se stesso, del proprio animo di gentiluomo milanese di vecchia famiglia cattolica; ma i suoi scavi delicati e precisi avvengono in sogno, senza sforzo di ricostruzione, felicemente e oscuramente; a lui non resta che ritrarli con minuziosa diligenza, con i suoi pennelli fini e i suoi colori intrisi di essenze orientali, in quadri dipinti alla maniera antica, a più e più velature successive, attraverso mesi e talvolta anni di assiduo e artigianesco travaglio: così nascono pitture come il Sonno romano, che non è affatto un colto catalogo di statue e figure di museo, bensì la visione comprensiva di una situazione metafisica.
Altre volte Clerici si compiace di vagheggiare imprese ciclopiche lasciate a metà o crollate, sogni di impotenza collettiva, di sfasciamento sociale; e abbiamo le immense ossature leggendarie del labirinto non finito nel quadro Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre; dell'arca sgangherata nel quadro della Barca solare.
E sogno dell'impotenza, dell'abbandono, della morte è proiettato nel futuro con anticipato rammarico di esteta, in Venezia senz'acqua; nella Grande confessione palermitana la vita religiosa e conventuale è ridotta alla friabilità e labilità di un fiore secco chiuso tra le pagine di un vecchio libro. Che vuol dire tutto questo?
Clericì è il testimone dell'impossibilità e al tempo dignità poetica della grandezza. Anche i suoi colori, rosa di petalo morto, verde marcio, giallo evaporato, azzurro scolorito hanno un significato al tempo stesso onirico ed evocativo.
Finalmente nei Miraggi Clerici sembra esprimere un giudizio finale sulle civiltà che nascono dalla sabbia del tempo e dopo un effimero e prestigioso tremolio, svaniscono per sempre. Miraggi: palazzi, castelli, torri e città che diventano canneti e albereti, i quali a loro volta trascolorano in riflessi e questi in nulla.